Trust interposto: aggiornamenti alla luce della Risposta 267/2023
Di Federico Cocchi
Trust interposto. Confermati gli effetti ai fini delle imposte sui redditi, ai fini della disciplina del monitoraggio fiscale e, conseguentemente, ai fini del versamento di IVIE ed IVAFE.
È quanto emerge dalla lettura delle Risposta ad Interpello n. 251 pubblicata in data 16 marzo 2023 e della recentissima Risposta n. 267 del 27 marzo 2023.
Il primo caso, particolarmente complesso, aveva ad oggetto due trust esteri, un Family Trust istituito nel 1979 in Australia il cui patrimonio veniva censito in immobili siti in Australia e disponibilità liquide depositate in istituti di credito australiani ed un c.d. Testamentary Trust istituito in sede di testamento ed avente quale fine unico quello di tutelare uno dei figli del De cuius dal rischio che lo stesso potesse dilapidare il patrimonio e i redditi a lui destinati.
La Risposta in commento risulta di particolare interesse poiché affronta chiaramente quelli che sono gli effetti derivanti dalla qualificazione di un trust quale soggetto interposto.
Gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, infatti, richiamando quanto indicato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E/2022 (Vedi pag. 23 e 24) hanno ribadito che nell’ipotesi in cui un trust sia qualificato come interposto formalmente nella titolarità di beni o attività (c.d. “interposizione fittizia”), il reddito di cui “appare titolare” il trust sarà assoggettato ad imposizione, per “imputazione”, direttamente in Italia in capo all’interponente residente secondo le categorie previste dall’articolo 6 del TUIR (sia esso il disponente o il beneficiario).
L’interposizione , in definitiva, ai fini della tassazione del reddito prodotto, fa venir meno la soggettività fiscale del trust sia esso opaco ovvero trasparente. Nulla viene detto, invece, circa l’eventualità che l’interposizione sia dichiarata in un momento successivo a quello in cui le imposte sui redditi, ad esempio, siano già state pagate dal trust.
Oltre agli effetti in materia di imposte sul reddito, gli Uffici hanno avuto anche modo di chiarire quelli che sono gli effetti derivanti dalla qualificazione quale “trust interposto” ai fini del monitoraggio fiscale.
Riprendendo, ancora una volta, quanto già chiarito nella Circolare 34/E/2022 è stato, infatti, precisato che l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona. È il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust. In definitiva, quindi, ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità. Soggetti, gli interponenti, su cui ricadranno di conseguenza gli obblighi di liquidazione di IVIE ed IVAFE (vedi. Pag. 12 dell’Interello).
Altra conseguenza, ancorché non trattata ma di assoluta rilevanza, è quella che l’Agenzia ha sibillinamente individuato in nota 20 della Circolare 34/E/2022 ovvero che qualora sia accertata l’interposizione e che soggetto interponente sia il disponente resterà ferma la rilevanza, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, delle attribuzioni effettuate dal trustee al beneficiario, comprensive anche dei redditi imponibili già tassati ai fini delle imposte sui redditi. Tale effetto costituisce una conseguenza naturale della dichiarazione di interposizione. Infatti, i redditi generati dagli asset apportati in trust andranno ad incrementare il patrimonio del disponente interponente con la conseguenza di costituire per il beneficiario quota parte dell’attribuzione ricevuta. Attribuzione da assoggettare integralmente ad imposta di successione e donazione (ovviamente per la parte eccedente le franchigie previste per legge).
Più generale, invece, il caso analizzato nella Risposta 267 in cui l’Agenzia riassume le caratteristiche che indurrebbero a considerare interposto un Trust.
Nella fattispecie viene nuovamente analizzato l’atto costitutivo di un Trust già oggetto di interpello nel 2015 a cui sono state apportate consistenti modifiche proprio in seguito dei rilievi emersi dalla precedente analisi. In particolare sono state oggetto di modifica – in senso restrittivo – le previsioni relative alla sostituzione dei Beneficiari, alla nomina del Trustee e del Guardiano e, soprattutto, ai poteri di revoca di questi da parte del Disponente.
L’Agenzia, tuttavia, ribadisce come qualsiasi elemento che di fatto limiti o anche solo condizioni la libertà e l’autonomia decisionale del Trustee sia un grave indizio di interposizione.
La mancanza di una previsione di giusta causa per la revoca del Guardiano (tra i cui poteri vi è a sua volta la facoltà di revoca del Trustee) viene indicata quale “importante limitazione dell’effettiva autonomia del Trustee, dal momento che il suo potere gestorio è sostanzialmente e in definitiva subordinato alla volontà del Disponente, tramite la figura del Guardiano” comportando la conseguente inesistenza del Trust sotto il profilo dell’imposizione dei redditi. Questi, come già detto, andranno imputati direttamente al Disponente secondo le categorie dell’art. 6 TUIR.
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